Pellegrino Tibaldi
e la facciata del Santuario
Nel 1583 dietro sollecitazione del vescovo di Milano, san Carlo Borromeo si riprendono i lavori di ampliamento del Santuario, che erano stati interrotti nel 1567 e si aggiungono, ancora sotto la direzione lavori di Vincenzo Seregni, altre due campate al corpo longitudinale della chiesa.
Il nuovo ampliamento esige una nuova facciata. Il progetto della stessa viene commissionato a Pellegrino Tibaldi, nel marzo del 15771, in occasione di una sua visita presso il Santuario di Saronno, dove era stato chiamato in qualità di consulente per il proseguimento dei lavori necessari alla costruzione delle nuove due campate.
"La stima che il Pellegrini godeva da parte di San Carlo è nota: i due si conobbero a Roma e numerosissimi progetti furono affidati al nostro architetto proprio per esplicito volere del Santo (...), tanto da essere soprannominato l'architetto del Santo. E' più che probabile, quindi, che l'architetto fosse presente alle frequenti visite di San Carlo presso il Santuario ed è altrettanto possibile che egli fosse presente allorquando il Santo volle l'ulteriore prolungamento delle navate..."2
Il disegno della facciata viene consegnato ai Deputati della Fabbrica nel mese di aprile dell'anno successivo, 15783 e da loro viene approvato. Bisogna aspettare, però, ancora diciotto anni, prima che i lavori per la costruzione della facciata prendano l'avvio; la causa è anche da ricercarsi nella cattiva amministrazione spagnola che con le tasse imposte aggravava le già precarie condizione economiche di tutta la popolazione.
Così, solo verso la fine del 1595 si diede il via ai lavori per la costruzione della facciata.
Lelio Buzzi4, come sovrintendente, e Giacomo Borroni5, come direttore lavori in cantiere, sono i due personaggi chiave incaricati di eseguire la facciata in modo conforme al disegno presentato dal Tibaldi.
Fig. 5 |
Fig. 6. Pianta della facciata del Santuario (Geom. P. Guzzetti) |
Lelio Buzzi compila e consegna al Borroni, un elenco di materiali lapidei con relative misure, necessari per dare inizio alle lavorazioni. Questo elenco che porta la data del 18 novembre, 1595, e che conserva in calce uno schizzo indicativo per il posizionamento dei pezzi (fig. 10), è la prima testimonianza scritta dell'inizio lavori.
|
|
|---|
Fig. 7. Schizzo del Buzzi tracciato in fondo all'elenco dei materiali lapidei. |
La pietra scelta per la costruzione della facciata proveniva dalla cava di Brenno, oggi chiamata Brenno Usèria, che fu stata affittata6 per due anni e mezzo dai Deputati, affinché la qualità e l'uniformità di colore della pietra, fosse garantita.
Per tutto i 1597 si lavorò alla costruzione in muratura della facciata e alla lavorazione dei materiali in cava, cosicché Lelio Buzzi, nell'ottobre dello stesso anno, poté tracciare sulla facciata ormai intonacata, le quote per l'esatta sistemazione degli elementi lapidei lavorati7.
Nei primi mesi del 1598 vennero pronte in cava le prime due delle otto colonne che dovevano prendere posto sulla facciata, ma solo nel luglio del 1599 la prima colonna uscì dalla cava.
Nel settembre successivo si predispose il trasporto di questa su un "carro matto"8trainato da buoi, ma ben quattro furono i giorni necessari per giungere a Saronno e quattordici, le coppie di buoi impiegate a turno, per il traino9. Il trasporto non risultò così semplice sia per il peso della colonna che per le cattive condizioni della strada che da Brenno conduceva a Saronno. Il carro, infatti, tendeva a sprofondare nella ghiaia sotto il peso della colonna, rendendo complicata l'operazione.
Non meno difficoltà troverà il trasporto delle altre colonne che giungeranno in Saronno in tempi successivi: la seconda il 13 ottobre, le altre sei a distanza di pochi mesi l'una dall'altra, e comunque, tutte le colonne arriveranno in cantiere entro il novembre del 1600.
Nel frattempo il contratto con la cava di Brenno, che era scaduto nel giorno di San Martino del 1588 (11 novembre), venne rinnovato per altri cinque anni10, il 1° gennaio 1599: i deputati da un lato, il sig. Federico Bianchi di Barasso, proprietario della cava dall'altro.
Il nuovo intagliatore, Tomaso Garruo, nonché nuovo capomastro del cantiere e uomo di fiducia dei Deputati, nel giugno del 1600, redige un inventario in cui elenca tutte le opere che dal 1599 sono state lavorate nella cava di Brenno e trasportate poi a Saronno. Da quell'inventario si prende visione dello stato di avanzamento dei lavori di costruzione della facciata che vedeva tutta la parte bassa della stessa pronta per essere messa in opera: «otto colonne maggiori trabeazione superiore, stipiti del portale centrale, cornicioni, lesene etc....»11
Nella primavera del 1601 si posarono le colonne maggiori, nel 1602 in luglio giunsero a Saronno le prime colonne dell'ordine superiore12, mentre nel 1603 vennero pronti i disegni delle decorazioni a festoni, fogliame e simboli sacerdotali, della trabeazione dell'ordine inferiore, commissionati ad un certo Tomaso13, dal Buzzi.
Nel 1604 i lavori nella cava, che avevano visto un rallentamento nell'anno precedente, forse in attesa che le pietre già lavorate fossero portate a destinazione, ripresero con la realizzazione, ad opera di Marco Prestinari14, delle due cariatidi da porre ai lati della porta principale, assieme alla struttura sovrastante.
Negli anni successivi i lavori alla cava, così come in cantiere, continuarono sotto la direzione di Leone Garruo15, forse figlio di Tomaso, che eseguì in qualità di scultore, gli intagli dei festoni e delle decorazioni in facciata, sempre sotto la supervisione del Buzzi e la direzione del Borroni.
Negli anni successivi, 1608-09, la scarsità di denaro rallenta i lavori, che riprendono con regolarità solo nel 1611, quando tutti i materiali che erano stati commissionati in cava sono ormai tutti montati. Nello stesso anno Lelio Buzzi ritorna in cantiere nei giorni 18 e 19 aprile per dare ulteriori informazioni agli scalpellini e ai cavatori per il completamento definitivo della facciata16.
Il 1612, è un anno di lavoro frenetico in cantiere e nuovi personaggi appaiono sulla scena: Giacomo Buono17 sostituisce Leone Garruo come capomastro della fabbrica, e Giulio Mariani e Gerolamo Prevosti18, scultori entrambi, sono chiamati "per completare le decorazioni.....e rifinire i particolari"19
Con l'arrivo dei gradini della facciata, nel maggio, nel settembre e nell'ottobre del 161320, la facciata poteva dirsi ultimata. Ma così come appariva, la facciata non soddisfaceva il senso estetico dei cittadini di Saronno, ai quali risultava troppo tozza, senza slancio21. Vennero chiamati, allora, alcuni architetti per studiare la situazione e tra essi anche Carlo Buzzi22. Questi, nel suo progetto, propose un rialzo della facciata a forma di balaustra, su cui si innalzavano le statue dell'Assunta e di Quattro Angeli con trombe, più quattro obelischi da porre ai lati in divisione binata.
|
|
|---|
Fig. 9. Vista della balaustra; al centro la statua dell'Assunta |
Il progetto piacque ai Deputati della fabbrica, che decisero di realizzarlo, ma forse a causa dei lavori che si svolgevano ancora all'interno del Santuario, il progetto si concretizzò solo nel 1656.
Francesco Bono23, assieme al fratello Carlo, e Dionisio Bussola24 furono incaricati di realizzare le sculture, mentre la realizzazione della balaustra fu affidata a Francesco Giudici, fornitore del marmo per le sculture. Quando queste erano, ormai, in fase di esecuzione, fu sollevato qualche dubbio sulla possibilità che le fondazioni della facciata non fossero in grado di reggere il peso del sopralzo progettato dal Carlo Buzzi.25
Per verificare la resistenza della struttura, venne chiamato l'ing. Gerolamo Quadrio. Quest'ultimo dopo una serie di controlli, consegnò il 12 febbraio 166626 una perizia in cui i risultati erano positivi. Il rialzo poteva essere eseguito e, i lavori, che erano stati interrotti, ripresero e si conclusero sotto la direzione di Gerolamo Quadrio nel settembre del 1666.
Ma "quanto è costata la facciata? Nel suo manoscritto il Sanpietro elenca le spese suddivise anno per anno dal 1596 al 1612. Esse assommano a lire 45.703 dell'epoca, che passano diecimila scudi, come ciò sempre ha detto il sig. Jacomo Borrone architetto e deputato di questa Chiesa"27 Nel computo del Sampietro non compaiono le spese relative al 1613 ne tanto meno quelle relative al sopralzo del Buzzi.
"L'attuale facciata del Pellegrini è la terza facciata del Santuario"28. Rivolta a ponente come impone la tradizione cristiana è a doppio ordine: dorico in quello inferiore, ionico in quello superiore. Le otto colonne di ordine dorico trovano corrispondenza nelle altrettante ioniche dell'ordine superiore, che nella loro collocazione binata suddividono ritmicamente lo spazio di facciata.
Tre portali permettono l'accesso alla Chiesa, quello centrale ha un porticato a timpano spezzato, retto da pilastri scanalati, rastremati verso il basso e ornati da due cariatidi (figura del profeta Isaia).
Sopra ogni portale lastre di pietra nera che recano incise queste parole: «MIRACULIS CLARAE» - «VIRGINI DEIPARAE BURGI SERONI» - «FIDELIUM PIETAS F. (fecit) C. (consacrare)». L'opera è di Orazio Ferrari29 che nel 1612, incise la pietra e vi fuse le lettere in bronzo che vennero dorate l'anno successivo.
Due statue di Sibille (sacerdotesse pagane ritenute divinatrici dell'avvento di Gesù) sono poste ai lati dell'ingresso mentre i due profeti non identificati appaino nell'ordine superiore.
Le quattro nicchie con le tre formelle finiscono la decorazione di facciata. Tutte eseguite tra il 1753 e il 1757, sono opera di Francesco Mariani e Ambrogio de Paoli.
Le tre formelle poste sopra le porte rappresentano ad alto rilievo tre momenti della Vita della vergine: sulla porta centrale la Natività di Maria SS., su quella di sinistra lo Sposalizio con S. Giuseppe mentre su quella di destra la presentazione di Maria al Tempio.
Il fregio dorico (fig. 13) del primo ordine, alterna triglifi a decorazioni a rilievo di mitre episcopali, panni liturgici, strumenti musicali, mentre il fregio ionico (fig. 14) si anima con una decorazione continua di fogliami e fiori.
|
|
|---|
Fig. 9. Metope con simboli religiosi nel fregio dell'ordine dorico |
|
|
Fig. 10. Fregio dell'ordine ionico |
Nell'ordine ionico superiore, una grande finestra serliana si apre su una piccola balaustrata e sopra di essa nel timpano del frontone una scritta latina incisa nella pietra nera:
VIRGINI MATRI
IN COELUM ASSUMPTAE
PATRONAE PIENTISSIMAE
SARON FINITIMIQUE VOTIVO AERE
POSERUNT
AN.SAL HUM. MDCXII
La facciata del Santuario di Saronno "elabora le sobrie ma significative istruzioni date da San Carlo per il portico e per il vestibolo ..."30 nelle sue Instructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae libri duo, al cap. IV, intitolato "Atrio, Portico e Vestibolo".
"Davanti alla chiesa vi sarà un atrio, fatto su consiglio dell'architetto, cinto da ogni parte da portici ed ornato decorosamente con altri elementi architettonici. Ove non sia possibile si faccia in modo che davanti alla chiesa vi sia almeno un portico. questo, costituito da colonne marmoree o pilastri in pietra o laterizio, uguaglierà in lunghezza tutta la facciata della chiesa e sarà ampio ed alto proporzionalmente alla sua lunghezza. Se per motivi economici non si potrà avere nemmeno questo, si provveda almeno a costruire davanti alla porta principale un vestibolo di forma quadrata, con solo due colonne o pilastri alquanto distanti da essa; esso sarà un po' più ampio della porta della chiesa".31
Per San Carlo la decorazione è tanto più importante in facciata che sui muri laterali o posteriori della chiesa; infatti, l'attenzione del fedele deve essere concentrata su essa che "sarà tanto più decorosa e solenne quanti più sarà ornata di immagini e pitture relative alla storia sacra"32.
Note
1 A.S.S., Giornale delle spese 1576-1582, f. 81: «In più alli 3 Marzo [1577] contati al S.r. Pelegrino Ingegnero della fabrica per venire sopra la Fabrica quando si Principiò...L. 23 s. 12». (Torna al testo)
2 Oscar Gerolin, Pellegrino Tibaldi. Il manierismo e la facciata del Santuario, in AA.VV., La facciata del Santuario di Saronno, Ed. Tipolitografia Trotti, Saronno, 1993, p. 28 (Torna al testo)
3 A.S.S., Giornale delle spese 1576-1582 f. 84 r., «Alli 9 aprile [1578] cont.j al S.r Pelegrino ingegnaro per haverne datto il disegno della faciata et venuto sopra essa fab.a L. 46 s. 8». (Torna al testo)
4 Lelio Buzzi di Viggiù, Lapicida, poi capomastro e architetto della Fabbrica del Duomo di Milano, dal 1583 al 1598 (Torna al testo)
5 Giacomo Borroni, saronnese, architetto e deputato del Santuario (Torna al testo)
6 A.S.S., Giornale 1594-1597, 15 maggio 1596, f. 53: «...si è fatto una conventione... per anno doi e mezzo...per cavare le pietre della facciata..» (Torna al testo)
7 Ibidem, f. 172-73: «Al messer Lelio per haver dissegnato la facciata sopra il muro». (Torna al testo)
8 Carro a quattro ruote senza sponde (Torna al testo)
9 A.S.S., cart. 5, fasc. 3: «Notta della spesa fatta a chomdurre la prima cholona dalla marchorina sino alla colombara de Serono p mezzo strada» (Torna al testo)
10 A.S.S., cart. 5, fasc. 3, «Conventione e patti fatti tra gli SS.ri et DD. Scolari et Deputati di S.ta Maria di Miracoli di Sarono, p. una parte et ms Federico Bianchi di Barasso p l'altra,....» (Torna al testo)
11 Achille Sala, «La costruzione della facciata», in AA.VV, La facciata del..., op. cit., p. 6 (Torna al testo)
12 A.S.S., Scartapazzo 1600-1609, f. 24r: «8 giugno 1602 la spesa per il trasporto delle colonne superiori» (Torna al testo)
13 A.S.S., Scartapazzo 1600-1609, f.20, «(28 aprile 1602) E più spesa fatta m.o Tomaso a Mlo p dissignare li sfrisi della facciata» (Torna al testo)
14Ibidem, f. 48, «Adì 18 settembre (1604) contati a ms. Marc Ant.o scultore a bon conto sop le figure».
In libro Mastro 1593-1609, ff. 197r-198 pagamenti a « m.ro Marc Antonio scultore sopra la fattura delli due busti over termini posti alla porta maggiore» (Torna al testo)
15 A.S.S., In libro di tutte le spese per la Fabrica 1602-1631, f.33, «Adì 22 febraro (1606) contate a m.o Lione Garuo a bon conto sop le sue op». (Torna al testo)
16 A.S.S., Scartapazzo 1600-1609, f. 23: «18 Aprile 1610 Adi d.o datte al Sig. Lelio Buzzi p essere venuto fuora p servitio della fab.a duoi giorni....» (Torna al testo)
17 A.S.S., Libro Mastro 1610-1634, f. 100 (Torna al testo)
18 A.S.S., Scartapazzo 1610-1614, f. 50 (Torna al testo)
18 Achille Sala, op. cit., p.10 (Torna al testo)
20 A.S.S., Libro Mastro 1610-1634, ff. 156-16: risulta che gli scalini vennero ordinati a Gio Pietro Limido il 18 dicembre 1612 (Torna al testo)
21 A.S.S., Manoscritto. (1651) di A. Sanpietro, f. 123 r (Torna al testo)
22 Figlio di Lelio, architetto e pittore. (Torna al testo)
23 Impresario e scultore di Campione (Torna al testo)
24 Scultore lombardo (Torna al testo)
25 A.S.S., Libro delle ordinationi 1647-1694, f. 52: «Caricare con le statue sopra il muro o maschio di d.a faciatat poteva portar nello pericolo per non sapere come siano le fondamenti...» (Torna al testo)
26 Libro Mastro 1647-1676, f. 223, cart. 9, fasc. 4 (Torna al testo)
27 e in Sanpietro manoscritto, f 83 «tutta la spesa fata d?anno in anno certa et denari spesi....» (Torna al testo)
28 Achille Sala, op. cit., p.20 (Torna al testo)
29 A.S.S., Il librodi tutte le spese per la Fabbrica 1602-1631, f. 97: «10 Xbre (1612) contate in più oltre a mr Horatio Ferrarei p saldo delle lettere in bronzo poste nell?incima del frontespicio della facciata della chiesa, pesano l. 59 oz. 6» (Torna al testo)
30 Maria Luisa Gatti Perer, Miraculis Clarae Virgini Deiparae Burgi Saroni Fidelium Pietas F. C.. Il rinnovamneto del Santuario, in AA.VV., Il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno, ISAL, Amilcare Pizzi Editore, Milano, 1996, p.250 (Torna al testo)
31 Instructionum, 1983, Cap. IV paragrafo 1, 2, 3, 5, cit. in Maria Luisa Gatti Perer, op. cit., p. 250 (Torna al testo)
32 Instructionum, 1983, Cap. III, I muri esterni e la facciata, paragrafo 3, cit. in Maria Luisa Gatti Perer, op. cit., p. 250 (Torna al testo)