Bernardino Luini
e gli affreschi
Le cronache raccontano che Bernardino Luini attese alla decorazione
del Santuario di Saronno tra il 1525 e il 1532. Anni che lo videro
all'opera in parallelo ad Alberto da Lodi alle prese, in quel
periodo, con la decorazione della volta1, dell'abside e del presbiterio,
soprattutto nelle parti che facevano da cornice ai dipinti del
Luini2.
Il lavoro, grazie al quale, il Luini, venne poi considerato come
uno dei più grandi artisti dell'epoca, gli venne
commissionato dai deputati del Santuario di Saronno sulla eco del
successo ottenuto per il Polittico della chiesa dei SS: Salvatore e
Magno a Legnano, eseguito nel 1523, la cui "partitura prospettico
architettonica [....] fu forse vista come lespressione della
straordinaria capacità dellartista nel dilatare lo spazio
architettonico e perciò come un precedente illusionistico da
cui avrebbe potuto trarre vantaggio anche la ridotta volumetria
della cappella maggiore del Santuario..."3
Un illusionismo prospettico che trovava le sue radici nelle realizzazioni del Bramate a Milano, nella decorazione dell'abside delle chiesa di Santa Maria delle Grazie presso S. Satiro e nel Cenacolo di Leonardo (affrescato nel chiostro di S. Maria delle Grazie) e, che sarebbe stato il motivo conduttore di tutto il ciclo decorativo del Luini.
Una decorazione che si svolge tutta all'interno
del primo nucleo architettonico del Santuario e che appare, solo
dopo aver percorso per intero il corpo longitudinale della chiesa,
quando oltrepassato lo spazio della navata centrale, ci si trova
sotto lo spazio dilatato della cupola. Qui, inseriti come quadri
all'interno del sistema angolare di paraste che affiancano l'arco
di accesso all'antipresbiterio o piccolo transetto, risaltano gli
affreschi di S. Sebastiano e S. Cristoforo sulla sinistra, e S.
Antonio, e S. Rocco sulla destra, Santi ai quali, in Saronno, sono
dedicati numerosi altari.
Immagini monumentali dipinte da Luini nel 15314, nello stesso anno in cui è
all'opera nella vicina e laterale Cappella del Cenacolo, dove,
oggi, è conservato un gruppo di sculture lignee, l'Ultima
Cena opera di Andrea da Milano, eseguita tra il 1528 e il 1531.
Negli affreschi della volta della Cappella, trovano posto le figure
di sei Angeli con i Simboli della Passione, rappresentati
all'interno di cornici quadrate, quattro dei quali appartengono al
Luini5, così come il tondo
che si apre prospetticamente al centro della volta, dove la
rappresentazione di figure che si affacciano ad una balconata,
è di chiara ispirazione mantegnesca.
Passati nell'antipresbiterio, sulle pareti
laterali, ecco due scene affrescate6
che si svolgono dietro a tende sollevate. Eseguite dal Luini nel
1525, solo dopo aver portato a termine il lavoro nella Cappella
Maggiore, rappresentano Lo sposalizio della Vergine, a sinistra e
Gesù fra i Dottori del Tempio, a destra. Anche per questi
due affreschi viene utilizzato lo stesso principio prospettico che
appare nei dipinti della zona presbiterale: "prospettiva con punto
di fuga scentrato sul terzo della lunghezza della base di ogni
riquadro, con i personaggi principali che occupano, invece, una
posizione centrale"7.
Questo perché chiunque percorra in direzione dell'abside
questo spazio e quello successivo della Cappella Maggiore, abbia
l'impressione che le figure rappresentate ai lati del percorso,
illusionisticamente, gli vengano incontro.
Lo sposalizio della Vergine. Narra la leggenda tratta dal vangelo
apocrifo di S. Giacomo.
I personaggi, i giovani amici di S. Giuseppe a sinistra e le amiche
della Sposa a destra di chi guarda, sono eseguiti con una tecnica
che cura la minuziosità del dettaglio, si vedano i capelli,
i peli di barbe, dipinti uno ad uno, come pure l'evanescenza
dell'epidermide dei visi restituita da "una magistrale
trasposizione in affresco dello sfumato leonardesco reso ancora
più naturale nei visi e nelle espressioni delle dame sulla
destra.."8.
Gesù fra i Dottori del Tempio. E' una
moltitudine di personaggi rappresentati, vecchi e giovani, baffuti
e non, disposti nella scena su tre piani in profondità e
ripresi in una molteplicità di atteggiamenti e in una
varietà di abbigliamenti. Tra tutti spiccano alcune teste
per le quali il Luini è "così aderente al vero da
apparirci come un precursore dei pittori della
realtà."9 Il giovane con il
mantello verde sulla sinistra e quella dell'uomo con turbante rosa
e arancio e baffi, e ancora a destra il giovane con il cappello
azzurro.
Il personaggio-quinta sulla destra potrebbe essere Leonardo
ritratto negli ultimi anni, come la testa di profilo (terza in
seconda fila da sinistra) potrebbe essere il Bramante.
Ma è nella Cappella maggiore che si viene
avvolti dai dipinti del Luini. Essa è interamente affrescata
dal maestro e contiene le scene principali10 del suo ciclo: sulla parete a sinistra,
La Presentazione di Gesù al Tempio, mentre sull'antistante,
a destra, trova posto L'Adorazione dei Magi Entrambe le scene
dovevano essere interpretate come spazi aperti, sfondanti le pareti
oltre l'arco a tutto sesto sorretto da lesene, che le
racchiude.
Per osservare al meglio i due affreschi bisogna porsi appena oltre
l'anti-presbiterio, sempre per quel principio
illusionistico-prospettico che caratterizza l'intero ciclo. Le
figure "perno" appaiono infatti scentrate: la Vergine, che
presenzia l'Adorazione dei Magi, è tutta spostata sulla
sinistra, ad un terzo esatto della lunghezza della base
dell'affresco, posizione che occupa anche l'antistante San Simeone,
nella Presentazione, che regge il Bambino, la cui importanza viene
sottolineata da una colonna d'ordine corinzio che si eleva alle sue
spalle, mentre il punto di fuga, evidenziato dal disegno delle
mattonelle, si trova a un terzo della base da sinistra.
La Presentazione di Gesù al Tempio.
Eseguito in diciassette "giornate" è un episodio biblico
narrato in un interno architettonico, prospetticamente studiato,
dove il motivo dell'arco di apertura sulla scena, corrisponde in
prospettiva all'arco a tutto sesto d'ingresso al tempio.
Un arco generatore di una volta a botte, decorata con rosoni, che
si apre su un paesaggio in cui è rappresentata la Fuga in
Egitto e lo stesso Santuario, nelle sue componenti strutturali
(architettoniche): campanile e corpo absidale. (quale lo era ai
tempi)
La composizione ha indubbie reminiscenze leonardesche sia per
quanto riguarda la disposizione delle figure all'interno del
dipinto, sia per l'uso e la scelta dei colori , "...caldi e freddi
[...]alternanze [..] che ricordano quelli del Cenacolo
milanese"11, nonché
peruzziane per ciò che riguarda l'apparato architettonico
rinascimentale e il suo sviluppo in profondità.
L'Adorazione dei Magi. La composizione
dell'affresco, eseguita in sedici "giornate", ruota attorno alla
figura della Vergine con il Bambino e dei due Re inginocchiati a
destra e a sinistra della Vergine stessa, mentre la scena,
ambientata in un paesaggio montano, pullula di personaggi e animali
esotici, immaginati per l'occasione. Tra i personaggi sembrerebbe
apparire il volto autoritratto del pittore, individuabile nel
soggetto che guarda gli spettatori dietro le spalle del Re
Moro.
Da notare anche in questo affresco, l'uso del colore, "gli
accostamenti di giallo-aranciato, verde, rosso e azzurro degli
abiti del re inginocchiato alla destra della Madonna, [e.....]
ancora, larancio-azzurro dei panneggi del pastore in piedi al
centro della scena"12, che si
richiamano al colorismo lombardo veneto, ma ancor più degno
di nota è l'uso dell'oro nelle lumeggiature degli abiti,
soprattutto per il mantello giallo del Re inginocchiato alla
sinistra della Vergine.
Le Sibille, Persica e Libica, a sx, Delfica e
Chimrica a dx, che chiudono le scene degli affreschi, poste sopra
ai due archi in posizione sdraiata, di cui va notato l'accostamento
cromatico (giallo-azzurro, verde cangiante in blu, giallo viola),
rappresentano la massima espressione dell'illusionismo del
Luini.
Gli archi, che sostengono le Sibille sono strutture sporgenti
materialmente in cotto, così come le paraste, in aggetto e
non dipinte, con i capitelli in pietra grigio-azzurra, che
racchiudono lateralmente i dipinti. Esiste una tale
continuità tra architettura reale e dipinta, da far pensare
ad una collaborazione interattiva tra il decoratore e il
progettista, può infatti essere che Luini abbia partecipato
alla progettazione architettonica della Cappella.
Sempre qui all'interno della Cappella Maggiore il Luini dipinge gli otto (dipinti monocromi) chiaroscuri dei basamenti delle lesene d'angolo. La rappresentazione ha per oggetto le Virtù teologali (fede speranza e carità) e quelle cardinali (prudenza giustizia, fortezza e temperanza), alle quali per simmetria il Luini ha aggiunto La Pace.
Sulle lunette sovrastanti le pareti, Luini
dipinge gli Evangelisti e i Quattro Dottori della Chiesa. Seduti
sotto volte a botte e raffigurati con i loro simboli, si trovano
sulla destra S. Matteo e S. Ambrogio, a sinistra, S. Luca e S.
Gerolamo, verso l'abside, S. Giovanni e S. Agostino, mentre dalla
parte opposta (alle spalle), S. Marco e S.Gregorio.
Le figure, realizzate in due sole "giornate" sono più grandi
del reale e non proporzionalmente corrette, il loro busto, infatti,
risulta allungato rispetto alle gambe, al fine di correggere quelle
alterazioni ottiche che sussisterebbere ad una visione dal basso,
schiacciando le parti alte di una figura.
Al fine si giunge nella parte absidale. Qui quattro sono le opere eseguite da Luini prima del 1526. Nella suddivisione architettonica delle pareti dell'abside poligonale trovano posto due Angeli genuflessi e Due Sante, Apollonia e Caterina d'Alessandria. Sant'Apollonia e Santa Caterina, emergenti da due nicchie che fanno da ali alla parete centrale dell'abside, riservata all'Effigie della Madonna, sono state private della loro parte bassa o inferiore a causa dei lavori di trasformazione avvenuti nel Seicento che hanno visto l'apertura di due porte, comunicanti l'una con la sacrestia e l'altra con il cortile.
La collaborazione artistica del Luini al
Santuario di Saronno si interrompe bruscamente per la morte
improvvisa dell'artista, avvenuta nel 1532.
Bernardino Luini lasciò così incompiuti i lavori di
decorazione della cupola, che sullo scorcio del 1531, si apprestava
a iniziare e che vennero affidati a Gaudenzio Ferrari, un artista
piemontese, che nel 1534 giungeva in Saronno, chiamato per il
difficile compito dai Deputati del Santuario.
I triangoli formati dalle piccole lunette che circondano le
aperture tonde (12) della base della cupola, contengono 24 figure
di angioletti abbozzate, tra cui 10 chiaramente visibili, eseguiti
a graffito o a sinopia dal Luini stesso.
Note
1 Dipinta naturalmente prima delle sottostanti pareti,
come riportato nei documenti conservati nell'Archivio Storico del
Santuario, dove: "Listesso anno 1525 è stato messo il
vòlto della cappella maggiore a oro fino e figure alla
mosaicha per mano di un Alberto di Lodi, et costa di spesa levate
le figure delli Evangelisti et dottori L. 150 oltra il vino et
habitatione" - Sala, Siste viator, 58-59 (Torna al testo)
2 Una decorazione "allantica", animata da mascheroni e grottesche,
assieme ad animali fantastici, putti musicanti e girali di verzura
oltre che a figure su fondo oro, che forse per la prima volta
appare in Lombardia, importata, qui, da Alberto da Lodi.
(Torna al
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3 Pietro C. Marani, Pittura e decorazione dalle origini fino al
1534, in AA.VV., Il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di
Saronno, a cura di Maria Luisa Gatti Perer, ISAL, Amilcare Pizzi
Editore, Milano, 1996, p.141 (Torna al testo)
4 Anno (addì 9 luglio e 22 ottobre) a cui si fa risalire il
pagamento di questi affreschi eseguiti dopo il suo ritorno a
Saronno dopo il soggiorno a Lugano (Torna al testo)
5 Gli altri due Angeli appartengono a Francesco Volpino. Di Camillo Procaccini è la Pala sulla destra, raffigurante l'Orazione nel Getsemani mentre sulla sinistra :Il bacio di Giuda (Torna al testo)
6 Dimensioni 325 x 220 cm (Torna al testo)
7 Pietro C. Marani, op. cit., p.161 (Torna al testo)
8 Pietro C. Marani, op. cit., p.161 (Torna al testo)
9 Pietro C. Marani, op. cit., p.167 (Torna al testo)
10 Dim. 360 x 465 cm (Torna al testo)
11 Pietro C. Marani, op. cit., p.154 (Torna al testo)
12 Pietro C. Marani, op. cit., p.154
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