Il nucleo architettonico primitivo - Comune di Saronno

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G.A. Amadeo
e il nucleo architettonico primitivo



Dall'analisi dei documenti relativi soprattutto al XVI secolo è possibile procedere alla ricostruzione storica della vicenda costruttiva del primo nucleo architettonico del Santuario di Saronno.



Una architettura che si inserisce perfettamente nella tradizione dei Santuari mariani (chiese dedicate alla Madonna) a pianta centrale, il cui culto si andava diffondendo proprio in quegli anni, "dopo che il Concilio di Basilea del 1439 incoraggiò la dottrina dellImmacolata concezione, sanzionata poi, nel 1476, dal Papa Sisto V"1


Lo schema a pianta centrale è un modello di chiesa ispirato agli edifici romani del Pantheon di Minerva Medica, che rilanciato da F. Brunelleschi, va a sostituire lo schema tipologico longitudinale, in uso nel medioevo, organizzato sul percorso ingresso altare.


Ripreso, anche, in area lombarda, oggi rimangono a testimonianza di questo modello architettonico, la sagrestia di S. Maria presso San Satiro (1482) e la tribuna di Santa Maria delle Grazie (1492) a Milano, poi S. Maria in Piazza a Busto (1507) ...e naturalmente il Santuario di Saronno.


Il Santuario inizia il suo cammino costruttivo, nel 1498, ancor quando gli Sforza governavano il Ducato Milanese (che durò per un anno ancora) e ben si sa quali mecenati fossero gli Sforza. Alla loro corte erano stati chiamati ad operare grandi personalità artistiche dell'Italia centrale: Bramante e Leonardo, Filarete e Michelozzo, artisti capaci di sconvolgere gli orizzonti artistici della Lombardia di quegli anni, legata ancora alla cultura gotica e poco aperta all'apprendimento di un nuovo linguaggio, quello rinascimentale.


L'8 maggio 1498 è la data della posa della prima pietra.


La testimonianza è incisa nella pietra di Saltrio utilizzata per l'architrave della porta d'ingresso originaria, ora collocata all'interno della chiesa nella penultima campata della navata sinistra a collegamento del chiostro, che così ricorda:

 

 

SISTE VIATOR GRADVM AD EFFIGIEM AEDIS QVAM VVULGATA VIR
GINIS MIRACVLORVM FAMA SATIS GRATA ET INSIGNI EXCITAVIT
ELEGANTIA MCCCCLXXXXVIII NATALE TEMPLI LVX MAI OCTAVA





Il Santuario vedeva, quindi, i suoi natali, ben 38 anni dopo l'avvenuta guarigione miracolosa di un giovane di nome Predetto, avvenuta l'8 maggio del 1460, come testimonia un documento risalente al 6 aprile 1578, verbale di un processo ecclesiastico fatto istruire dall'arcivescovo Carlo Borromeo, per verificare le voci relative a fatti prodigiosi attribuiti alla Madonna di Saronno "pro informatione veritatis, et principiis miraculor deiparae Virginis Mariae"2.


Così tra il 1498 e il 1511, data del primo pagamento per l'acquisto dei materiali necessari alla costruzione del campanile, si realizza il nucleo originario del Santuario, impostato su uno schema a pianta centrale.


L'ingresso del Santuario si apriva su un grande ambiente quadrato voltato a cupola su cui si affacciavano due cappelle laterali, sempre a pianta quadrata, mentre un terzo vano quadrato voltato a botte, in asse con l'ingresso, lo collegava alla zona presbiterale, la Cappella Mariana, coperta con volta a crociera e da qui si raggiungeva il successivo spazio absidale poligonale.


IL SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DEI MIRACOLI - Organismo iniziale

Fig. 1 - Organismo iniziale: piante e sezioni del Santuario dopo l'intervento dell'Amadeo.
(disegni di Piero Guzzetti)

Nulla si sa di certo dell'autore del primo progetto dell'organismo iniziale. Se in passato il progettista è stato collegato all'ambiente bramantesco, poiché la chiesa di Saronno riflette l'impostazione non solo planimetrica, ma anche spaziale della tribuna di Santa Maria delle Grazie opera del Bramante in Milano, oggi si è più propensi ad associare all'opera, il nome di Giovanni Antonio Amadeo, il progettista del tiburio.



In un documento rinvenuto solo agli inizi di questo secolo, ma che porta la data del 10 marzo 15053 e la firma autografa di G. A. Amadeo, "Ego Joannes Antonius Amadeus Subscripsi", redatto dal notaio Giovanni Pietro Regni, vi sono elencati i materiali da utilizzarsi per la costruzione del tiburio. Il lapicida Beltramo da Bregno si impegnava ad estrarre le pietre dalla cava di Saltrio4 e a lavorali secondo una distinta specifica.


L'Amadeo certifica, così, con la sua firma oltre alla supervisione dei lavori anche la paternità del progetto del tiburio, perché, come sostiene il Pini "...volete che provvedendosi a detto tiburio entro il brevissimo tempo di sette anni, occorra disporre di un progettista iniziale (la parte portante il tiburio) e duno finale (il tiburio)? Come potrebbe essere pensabile, nel caso della ridotta costruzione saronnese, [....]. Infine, volete che l?Amadeo abbia accettato di sopravvenire a concludere cosa pensata da altri, realizzata da altri, senza una seria ragione?"5



La tesi sostenuta dal Pini è certo interessante, ma alcuni dubbi rimangono sulla paternità primitiva dell'opera, sia perché è possibile che l'Amadeo, rivestendo il ruolo di direttore lavori per la Fabbrica del Duomo di Milano, avesse un controllo diretto su tutti i lavori svolti nel territorio della Diocesi e sia perché il modo di costruire dei tempi, non era certo assimilabile a quello moderno e molte soluzioni, anche dal punto di vista statico, venivano prese di volta in volta secondo necessità, poiché non sempre potevano essere prevedibili nella fase iniziale di progettazione.



Comunque, la successione dei vani e l'impostazione planimetrico spaziale non può essere opera che di un progettista molto attento "alla evoluzione della disciplina architettonica nel suo significato struttivo, formale e ideologico"6, infatti, i rapporti geometrici che legano le parti le une alle altre nel loro sviluppo planimetrico, non possono essere che il risultato di un preciso conto matematico.


Lo studio dell'architetto Maria Teresa Genoni ha identificato nella Sezione Aurea "il sistema compositivo guida. La Sezione Aurea, che soprattutto nel Rinascimento conobbe una notevole fortuna, è un sistema proporzionale capace di razionalizzare linvenzione estetica [...]"7


Nel Santuario il modulo base, assunto come riferimento costante, è un quadrato che si ripete per tre volte nello sviluppo planimetrico in profondità, mentre il vano di impostazione della cupola, le cappelle laterali, la larghezza del transetto della chiesa e in più la profondità dell'abside sono date dalla progressione dinamica del quadrato di base.


IL SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DEI MIRACOLI - Studio dei rapporti aurei e dinamici

Fig. 2. Studio dei rapporti aurei e dinamici della pianta del Santuario di Saronno. I riferimenti geometrici che hanno guidato il progettista nelle scelte compositive sono stati identificati nelle regole della Sezione Aurea che risulta essere il sistema compositivo guida. Il quadrato HILM è il modulo base e di riferimento per tutta l'organizzazione planimetrica. La circonferenza che lo circoscrive determina la dimensione della cupola. L'aggregazione di un quadrato QHMZ uguale al quadrato di Base HILM definisce le cappelle laterali e la progressione dinamica Ö5 determina la larghezza totale dell'edificio.
L'edificio anche in profondità è costituito dalla aggregazione di quadrati uguali a quello di base, DCHI e ABCD, che definiscono gli altri due vani, mentre dalle progressioni dinamiche Ö2 Ö3 si ottengono le misure dell'abside. (da uno studio dell'arch. MARIA GRAZIA GENONI)

La pianta che così viene a definirsi è a croce latina inversa, vale a dire che la fruibilità degli spazi avviene in senso contrario, rispetto allo schema medievale, ma ciò non toglie il carattere di centralità alla chiesa, poiché il suo spazio cupolato rimane ancora uno spazio privilegiato di sosta.



Anche il tiburio è stato progettato seguendo precise regole auree, come il grafico qui di seguito riportato mette in evidenza.


 

IL SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DEI MIRACOLI - Il tiburio

Fig. 3. Il tiburio risulta composto dalla aggregazione di quadrati sulla base delle regole auree e dinamiche. le dimensioni di ogni lato del dodecagono sono individuate da un quadrato ABCD, che determina la larghezza, e dall'aggregazione di quadrati (sottomultipli del quadrato di riferimento ABCD) che determinano l'altezza.
Le progressioni dinamiche Ö2, Ö3, Ö5 della figura di riferimento generano tutti gli elementi architettonici: altezza delle colonne, curvature dell'arco, cornici, balaustra. (da uno studio dell'arch. MARIA GRAZIA GENONI)


Anche qui è il quadrato, la figura geometrica di base, che determina la dimensione di ogni lato del tiburio, mentre altezza di ogni lato deriva dalla aggregazione dei suoi sottomultipli. Balaustra, basamento e colonne per non dimenticarsi delle cornici sono generate dalle progressione dinamiche della figura di base.



Il tiburio impostato su una pianta dodecagonale, si presenta all?esterno con una struttura tipicamente lombarda riscontrabile in Santa Maria delle Grazie a Milano come nella chiesa di San Fedele a Como e in quella di Santa Maria in Piazza a Busto Arsizio.


Tiburio di Santa Maria delle Grazie

Tiburio di Santa Maria delle Grazie. Milano

Tiburio del Santuario, Beata Vergine dei Miracoli. Saronno

Tiburio del Santuario, Beata Vergine dei Miracoli. Saronno

Chiesa di Santa Maria in Piazza. Busto Arsizio

Chiesa di Santa Maria in Piazza. Busto Arsizio


Una galleria di archi con doppie aperture bifore per ogni lato del dodecagono, è sorretta da una balaustrata composta da colonnine realizzate con pietra rossa di Arzo e pietra chiara di Saltrio che si dispongono a ritmo alterno (un ritmo che è stato alterato durante i lavori di restauro dell'inizio secolo8). Sotto, a far da basamento, un anello decorato a rettangoli in pietra rossa in cui si inseriscono, non solo per contrasto cromatico, dei rombi in pietra chiara di Saltrio.


A copertura dello stesso un doppio tetto a spioventi che si conclude con una lanterna esagonale con cupolino, la quale non viene definita architettonicamente nel documento del 1505, se non fino al piedistallo; "si voleva forse riservare un secondo contratto"9.



All'interno il tiburio, sostenuto da un sistema di quattro archi a tutto sesto alternato a quattro pennacchi sferici, "con la particolare difficoltà di far cadere gli spigoli del poliedro sulla curvatura dei pennacchi"10, ospita sulla volta sferica, l'affresco di Gaudenzio Ferrari, il Concerto degli Angeli, eseguito tra il 1535 e il 1536.

 





Note


1 Cfr. R Wittkower, Principi architettonici nell'età dell'umanesimo, Torino, 1964, Alberto Artioli, L'architettura del corpo centrale: l'origine del Santuario, in AA.VV., Il concerto degli angeli, Gaudenzio Ferrari e la cupola, Amilcare Pizzi Editore, Milano, 1990, p.10 [Torna al testo]



2 Archivio della Curia Arcivescovile di Milano (A.C.A.M.), Visite pastorali, Saronno, vol 4, q.10, Il processo canonico del primo miracolo e della Fondazione del Santuario. [Torna al testo]



3 Sono due facciate di Rogito (o Atto Notarile; Imbreviatura essendo precisamente la minuta di un negozio giuridico, che il notaio medievale era obbligato per legge a preparare, per comodità delle parti, avanti la redazione definitiva dell'Atto). Più tre facciate d'allegato con le prestazioni tecniche per il materiale da fornirsi, chiaramente sottoscritte dall?architetto G.A. Amadeo.
Pubblicato da V. Pini in:
11a Mostra Numismatica e Medaglistica città di Saronno, Saronno 1986, p. 45-56
12a Mostra Numismatica e Medaglistica città di Saronno, Saronno 1986, p. 92-104 [Torna al testo]



4 Saltrio, località in provincia di Varese in cui si ricava una pietra calcarea di colore grigio [Torna al testo]



5 Vittorio Pini, in 12ª Mostra Numismatica e Medaglistica città di Saronno, Saronno 1986, p. 110 [Torna al testo]



6 Alberto Artioli, L'architettura del corpo centrale: l'origine del Santuario, in AA.VV., Il concerto degli angeli, Gaudenzio Ferrari e la cupola, Amilcare Pizzi Editore, Milano, 1990, p.10 [Torna al testo]



7 Alberto Artioli, op. cit., p. 10 [Torna al testo]



8 Alberto Artioli, op. cit., p.14 [Torna al testo]



9 Alessandro Rovetta, L'impostazione architettonica del Santuario rinascimentale, in AA.VV., Il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno, a cura di Maria Luisa Gatti Perer, ISAL, Amilcare Pizzi Editore, Milano, 1996, p. 125 [Torna al testo]



10 ibidem, p. 117 [Torna al testo]

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