XXX - Comune di Saronno

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LA CONTEXA XXX
 

 

Secondo una biografia su Ludovico il Moro, scritta nel 1929 da S.A. Nulli, nell'archivio di Mantova ci sarebbero delle lettere scritte dal conte Ludovico Bergamino (oggi irrintracciabili), dove parla, con tanto di particolari scabrosi, degli audaci esercizi erotici svolti con sua moglie Cecilia Gallerani, al punto da non riuscire alla fine a reggersi in piedi. Dal matrimonio fra la "Gallerana" e il conte Bergamino, nacquero almeno quattro figli maschi. Il Trotti, da quanto riferisce Daniela Pizzagalli, sosterrebbe che Lodovico il Moro si rovinasse addirittura la salute a causa di troppo coito con la contessa Cecilia. Che circolassero certe confidenze "intime" nel Rinascimento, non è cosa poi tanto scandalizzante. E' proprio in quel periodo che compaiono, o meglio, ricompaiono i dipinti di nudi, specie femminili. Anzi, sono molto ricercati da una certa committenza, i pittori che sanno infondere nelle loro opere una carica di sensualità, come Palma il Vecchio, Giorgione, Tiziano, Correggio, Bronzino. Per meglio comprendere l'apertura mentale di allora, si veda, a titolo esemplificativo, proprio un'opera di Tiziano Veccelio: "Amor sacro e amor profano" (Fig. 19). Chi vede per la prima volta quest'opera tende ad attribuire alla donna vestita e composta sulla sinistra, la raffigurazione dell'amore sacro, perché il comune senso del pudore induce a vedere in ella una donna casta, timorata di Dio. Mentre, l'altra donna spogliata, più "leggera", sulla destra verrebbe identificata come l'amore profano, per via della sua sensualità che richiama piaceri carnali. In realtà è esattamente l'opposto. La donna vestita è l'amor profano, in quanto legata ai beni terreni, alla mondanità, al lusso, al materialismo, alla vanità. La figura nuda è invece l'amor sacro, poiché la bellezza celeste per essere ammirata non ha bisogno di ornamenti; è la "Venere nuda" che si protrae verso la "Venere terrestre", nel tentativo di persuaderla e in in questo senso, il piccolo cupido, dipinto al centro, è l'intermediario fra le due. In effetti il titolo attribuito alla tela di Tiziano è fuorviante e, invero, è errato! Trattasi di un titolo settecentesco, mentre quello originale doveva forse essere "Venere mondana e Venere celeste", o "Bellezza e Voluttà", o quant'altro proposto da un'ampia tradizione di studi iconologici, e dove il putto alato è Amore in persona tempera i contrasti e a media le conciliazioni. Si tratta di un'interpretazione neoplatonica di elementi classici, degli ideali della "Teologia Platonica", diffusi da Ficino tra il 1469 e il 1474, secondo cui il platonismo è di preparazione alla fede cristiana. Così, anche il tema dell'eros è concepito come il dilatarsi di Dio nel mondo. Se il titolo originale è dubbio, è invece certo che è un quadro di matrimonio, quello fra Niccolò Aurelio e Laura Bagarotto, figlia dell'eminente giurista padovano Bertuccio e, vedova del nobile padovano Francesco Borromeo, entrambi giustiziati dalla Serenissima Repubblica di Venezia, per avere sostenuto le parti imperiali durante la crisi del 1509. L'opera sarebbe quindi stata commissionata a Tiziano con il preciso intendo persuasivo nei confronti della vedova veneziana, a sposare Niccolò Aurelio. Il dipinto spiega la necessità dell'intervento di Amore e la persuasione di Venere. La donna vestita ha perciò tutti gli attributi della sposa, e d'alto rango. Sul piano allegorico, la donna vestita sarà dunque la Venere mondana dei neoplatonici, o magari, come si potrebbe ritenere sulla scorta del mazzolino, Flora, dea della fecondità di primavera, della stagione degli amori e dei matrimoni: in ogni caso, una personificazione adatta a rappresentare Laura come sposa. La nuda Venere celeste con la fiamma d'amore è la personificazione adatta a rappresentare la persuasione nei confronti della sposa. Amore che prova e tempera l'acqua è la personificazione competente a trasformare la morte in vita, il sarcofago con le scene di insidia e castigo in fontana celebrativa con gli stemmi degli sposi e l'amorosa rosa, e dunque a rappresentare la svolta nella vita della sposa.

Nel capolavoro di Tiziano - dove non c'è né amor sacro né amor profano, ma la realtà e l'ideologia dell'amore matrimoniale - le due donne sono tanto somiglianti non solo perché sul piano dell'allegoria rispondono a due divinità variamente gemelle, ma perché sul piano della storia rimandano ai due aspetti invariabilmente gemelli nella perfetta sposa: vestita, e ampiamente connotata da simboli e attributi, come sposa nella dimensione pubblica, ufficiale, sociale, e dunque casta, moderata, domestica, elegante, feconda; svestita, e connotata - oltre che dal corpo - soltanto dalla fiamma d'amore, come sposa nella privata dimensione coniugale, e dunque sensuale, disponibile, ardente. Davanti alla vestita - davanti alla sposa, che ci guarda con intenzione - ci siamo anche noi, chiamati a diretti testimoni della sua nuova dignità. Davanti alla nuda che non ci guarda, davanti alla moglie, c'è solo il marito. Anche la "Dama con l'emellino", sebbene sia un ritratto di Cecilia Gallerani, quindi con un aspetto pubblico, ha anche una dimensione privata, intima: come già detto sopra nell'analisi dell'opera di Leonardo, la Contessa di Saronno non guarda verso noi ma, verso il suo, solo suo, Ludovico il Moro. Come se non bastasse, a dimostrare ancora di più, la "normalità" di quell'epoca a manifestare sentimenti amorosi, lo sfondo è animato da piccole figure come i conigli sulla sinistra (Fig. 20), augurio di abbondante prole e, sul lato destro, addirittura una coppia in atteggiamento erotico (Fig. 21). Non è però l'unico esempio di soggetti in comportamento amoroso che il Tiziano abbia dipinto. Si veda ancora l'"Allegoria delle tre età della vita" (Fig. 22), dove nonostante l'atmosfera di malinconia, per l'inevitabile transito di tutto ciò che vive verso il decadimento e la morte, il Vecellio pone ottimisticamente l'enfasi sui due giovani amanti in primissimo piano. L'intensità dello sguardo tra la coppia di innamorati li isola dallo spazio e dal tempo, interrompo il suono del flauto della ragazza, rendendo la scena una delle immagini più sottilmente e delicatamente erotiche dell'arte occidentale. Altre raffigurazioni dell'analoga concezione dei sentimenti erotici, si possono trovare anche nelle opere di altri artisti, come ad esempio nel ciclo "Gli amori di Giove" del Correggio (Fig. 23), o nell'"Allegoria di Venere, Follia e Tempo" del Bronzino (Fig. 24), ma anche all'estero, come nel dipinto della scuola di Fontainbleau "Gabrielle d'Estrées e una delle sorelle", (Fig. 25). Alla luce di quanto esposto qui sopra, non ci meraviglia dunque, che siano giunte sino a noi notizie relative la vita "privata" della Gallerani e del Moro (come del resto anceh di molti altri personaggi del passato) ma, anzi, ci fanno capire con quali sentimenti era vissuto l'erotismo secondo la mentalità di quel tempo.

 



 Tiziano Vecellio: "Amor sacro e amor profano"

Amor sacro e amor profano" - particolare dei conigli sullo sfondo

Fig. 19
Tiziano Vecellio: "Amor sacro e amor profano"
(1514 - 1515). Olio su tela, cm. 118 x 279 - Roma. Galleria Borghese

Fig. 20
Tiziano Vecellio: "Amor sacro e amor profano"
- particolare dei conigli sullo sfondo a sinistra, simbolo di abbondante prole.

"Amor sacro e amor profano" - particolare della coppia in atteggiamento erotico

 

 Tiziano: "Allegoria delle tre età della vita"

Fig. 21
Tiziano Vecellio: "Amor sacro e amor profano"
- particolare della coppia in atteggiamento erotico, sullo sfondo a destra.

Fig. 22
Tiziano: "Allegoria delle tre età della vita" (1513/15).
Olio su tela, cm. 106 x 182 - Edimburgo, National Gallerias of Scotland.

 Correggio : Ciclo di Giove; "Giove e Io"

 

 Agnolo Bronzino : "Allegoria di Venere, Follia e Tempo"

Fig. 23
Correggio : Ciclo di Giove; "Giove e Io"
(1531). Olio su tela, cm. 163 x 74 - Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Fig. 24
Agnolo Bronzino : "Allegoria di Venere, Follia e Tempo"
(1546 .ca). Olio su tavola, cm. 146 x 162 Londra, National Gallery

 Scuola di Fontainbleau : "Gabrielle d'Estrées e una delle sue sorelle"

 

Fig. 25
Scuola di Fontainbleau : "Gabrielle d'Estrées e una delle sue sorelle"
(1591.ca). Tavola, cm.96 x 125 - Parigi, Louvre.

 

 

 

La dama con l'ermellino La contessa di Saronno Genealogia
Attribuzione lonardo Opera Ermellino
Costume Angelo Saronno / Louvre XXX
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